Un'accurata mostra a Tortolì

Secci, passioni di nylon e vinavil

Antonio Secci al museo Su Logu de s'Iscultura di Tortolì. Nato a Dorgali nel 1944 e oggi residente a Calagonone, dopo un periodo in cui ha soggiornato a Milano, il momento più importante della sua carriera, presenta nelle sale del giovane museo diretto da Edoardo Manzoni le sue opere più recenti realizzate nell'arco degli ultimi anni. Negli anni Sessanta, quando Antonio Secci abbandonò l'isola e approdò nella metropoli lombarda, spinto da Giovanni Dova e da Harloff, la città era il centro del fermento culturale italiano: vi aveva operato fino a pochissimo prima Piero Manzoni, vi lavorava Lucio Fontana, che sarebbe morto di lì a poco, nel 1968, e si continuavano a portare avanti quelle ricerche che erano state introdotte anni prima dallo spazialismo e dal movimento nucleare.

Secci, per quanto giovane, riuscì a integrarsi in quella realtà, fino a divenire, oltre che l'allievo prediletto del maestro Roberto Crippa, uno dei pittori di maggior talento. Raffaele De Grada, Paolo Fossati, Marco Valsecchi, Michel Tapié (il grande teorico dell'Informale) e André Verdet lo consideravanono una delle migliori promesse della giovane arte. Tapié scrisse all'inizio degli anni Settanta, che "nella confusione delle mode attuali, che non hanno più alcun valore, un'avventura di rigore e di forza (come quella di Secci) ci rassicura sull'avvenire stesso dell'arte e su quello che l'estetica salvaguarda di essenziale".

Crippa, prima di morire in un incidente aereo nel 1972, trova il tempo di firmare addirittura due quadri con Secci e di dedicargli una presentazione critica. Non era costume di Crippa firmare facilmente opere collettive, basti pensare che tra i pochi altri artisti con cui scelse di collaborare ci fu il grande maestro dello spazialismo Lucio Fontana.

Quando, verso la fine degli anni Settanta, Secci deciderà di tornare a vivere in Sardegna, si isolerà dal mondo dell'arte. Vi ritorna ora dopo vent'anni di ricerca

tenace e coerente, seppure condotta lontanamente dalle scene artistiche contemporanee. Tale ricerca è ora proposta da Su Logu de s'Iscultura, in preparazione alla grande mostra retrospettiva curata da Maurizio Sciaccaluga, che sarà inaugurata presso il Man di Nuoro il 10 dicembre.

Per quella data sarà possibile conoscere l'intera produzione di Secci e il percorso di un artista che, ha fatto del rigore lo stile della propria sperimentazione. A Tortolì le grandi tele bicolori trasformeranno la sala dell'ex mercato in una trama ricca di vita e passione. L'autore infatti tesse con fili di nylon e vinavil una ragnatela che, stesa sopra la tela, viene poi ricoperta e resa corposa da una densa materia di colore.

Cosicché lavora sul concetto stesso di pelle dell'opera. Questa pelle diventa il luogo di una indagine che, pur muovendo dallo spazialismo, dai tagli di Fontana o dalle spirali di Crippa, sposta l'intuizione nel campo della materia pura. Mentre questi maestri storici lavoravano concettualmente sull'idea di spazio, Secci conduce una ricerca più passionale che, attraverso lo squarcio della tela, cerca di liberare energia vitale. Grandi superfici nere vibrano sotto campiture bianche mosse da fili di nylonche vivificano l'opera e, strappate, sono come una ferita urlante. Gli appuntamenti di Tortolì e Nuoro puntano a strappare Secci da quell'isolamento in cui si è negli ultimidue decenni volutamente ritirato.

A Secci seguirà a Tortolì l'inaugurazione di una scultura permanente di Giovanni Campus, sita in un quartiere nuovo della cittadina. Manzoni porta dunque avanti, insieme all'indagine circa la scena internazionale, una politica di valorizzazione di quel patrimonio culturale sardo realmente al passo con le ricerche peninsulari ed europee. Con la mostra di Secci, il museo continua inoltre un discorso di corretta interpretazione dei periodi storici che hanno segnato la vicenda artistica italiana negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta. Dimostrando che a volte le ricerche più forti sonoquelle che - serie, introverse e concentrate su se stesse - rifuggono i riflettori della mondanità.

S. S.

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