Antonio Secci
Galerie Steinbrecher, 26.6.2005
Brema
Caro
I bambini e mia moglie dovettero andare alla ricerca del legno nel bosco
come si conviene per una vera vacanza, io non potei
apportare il mio aiuto di uomo di casa, poiché dovevo lavorare ad una
conferenza. Al Terzo giorno, arrivò il momento dell’esplosione: se non avessi
immediatamente apportato il mio aiuto per la ricerca del legno da ardere, avrei
potuto subito rimettermi in viaggio per tornare a casa. Fui allora scaltro e mi
avviai per una strada che nessuno dei cercatori di legno aveva fino allora
precorso; dovetti attraversare un terreno privato. Improvvisamente, vidi
davanti a me una grossa montagna di tronchi d’albero e nelle vicinanze vi era
ancora un uomo che lavorava ad un rifugio. Per prima cosa avrei subito portato
via un cesto di legno, ma per fare questo dovevo per
forza chiedere. Purtroppo non conoscevo una parola di italiano,
così dovetti cercare mia moglie tra i rami e pregarla di condurre
Con questa descrizione dell’atmosfera del nostro primo incontro, lascio ora
la parte personale delle mie argomentazioni e mi dedicherò
ora alla parte serie, alla realtà. Quando si conosce un po’.
Quando si conosce un po’ di un artista, quando ci si può fare
un quadro, seppur ancora frammentario, del suo ambiente, spesso è possibile guardare ai quadri in modo
totalmente diverso. Gli elementi biografici ed anche dell’atmosfera sono
estremamente importanti al fine di avvicinarsi al
contesto dei quadri. A volte sono più importanti delle
correlazioni artistico –storiche. Un artista è una persona che da
qualche parte, ai margini di una evoluzione culturale,
fruga e va oltre al fine di scoprire come questo margine si lascia ampliare o
per lo meno forgiare. Da un artista ci
si aspetta sempre l’innovazione, la sua posizione personale, l’unicità. E
quando poi si è arrivati a ciò, paradossalmente, la prima intenzione di colui che osserva è di costringerlo in uno dei qualsiasi
riferimenti storico-culturali, di privarlo della sua unicità, se ve ne è solo
una, e di spingerlo nel calderone dell’assicurato, del culturalmente affermato
e legittimato. Ciò è di primaria importanza soprattutto per gli acquirenti di opere d’arte. Tuttavia per colui che
osserva ,l’arte contemporanea rimane sempre l’impresa temeraria della propria
compenetrazione sensoriale ed intellettuale, la quale è legata in
qualche maniera con ciò che egli vede, con la sua propria posizione. Da ultimo, non vi è alcun esperto che può
apportare un aiuto, bisogna cercare da soli. L’esperto può indicare delle linee
guida, può mettere in discussione la sua propria
posizione; colui che osserva deve perciò, nella confusione delle
interpretazioni contrastanti, trovare la sua propria via, quella a lui più
adeguata. Per questo gli sono d’aiuto essenzialmente due aspetti: da una parte
la conoscenza dell’autore stesso, dall’altra la conoscenza dell’opera. E ora
sono di nuovo al punto: qui vediamo opere ruvide/scostanti, cariche di energia straordinariamente intensa la relazione con il
colore, quasi fastidiosa, aspro e ispido il materiale. Difficilmente queste
opere si apprezzano subito, bisogna impegnarsi e forse a questo proposito la
mia visione può servire a rendere più percorribile la vostra
propria strada. Tuttavia, la conoscenza con l’autore è molto più
importante e sono quindi lieto che
Quando Secci intitola i suoi quadri “ Per uno spazio possibile”, non siamo forse molto distanti da questa origine.Fontana, il
quale anche ha dato a tutti i suoi quadri lo stesso titolo, taglia, apporta
delle fessure sulla tela, con un’azione gestuale mette in discussione la ferrea
regolarità della bidimensionalità della
tavola, mentre Secci realizza. Secci
mette insieme uno spazio formato da molti, innumerevoli pezzi di mosaico a
forma di collage, egli dispone a strati delle superfici che formano dei nuovi
spazi. Ed egli realizza degli squarci (delle
fenditure) che in realtà non sono squarci, poiché nulla è stato strappato. Sono
realizzazioni che producono un paradosso ed il
paradosso è anche ancora argomentato dal titolo completo del quadro, “Squarci”,
pr un possibile spazio”. Quando io strappo qualcosa, non si producono
normalmente degli spazi, se io strappo
un foglio di carta, o un pezzo di tessuto, si prende atto che è stato
eliminato…… E’ però anche possibile aprire strappando qualcosa, una scatola, un
regalo, la carta del regalo viene lacerata, per
conoscerne il contenuto. E’ anche possibile abbattere i muri, strappare via
degli steccati (delle recinzioni), vi sono sempre nuove possibilità di
comunicazione, di incontro. O
semplicemente la schiettezza, l’apertura in sé, lo spazio come stato, come
esperienza. La vita dell’umanità non è altro che muoversi in spazi
sempre nuovi. Al fine di giungere fino a ciò, sono sempre
necessari delle transizioni (dei paesaggi): qualcosa deve finire,
qualcosa di nuovo inizia. Un nuovo spazio sorge dall’azione. Ed
ogni volta è uno squarcio, una rottura, uno stacco (un’interruzione) di
un’esperienza nello spazio nel quale ci si è mossi fino ad ora ed alla quale ci
si affezionati. Questi squarci possono essere dolorosi. E qualche volta questi
squarci debbono essere consapevolmente causati, si
deve staccare da una routine che probabilmente è divenuta a noi cara, che si
compone di tanti piccoli elementi, che può forse essere tranquilla,forse anche
aspra e rude. I piani dei quadri di Secci mi fanno ricordare qualcosa di simile
ai piani come spazi di azione del presente, fino al
punto in cui si deve tirare una bella riga sopra qualcosa, dove deve cominciare
qualcosa di nuovo di cui non si può ancora presagire nulla, di dove ci conduce.
“Squarci per un possibile spazio”. No Secci non è uno
“Spazialista”, anche se egli ha collaborato con Fontana, anche se le sue radici
artistiche sono lì. In questi quadri, che sono così bruschi (scostanti), aspri,
(acri) ed anche così importuni (invadenti), quasi, ci dice Secci, semplicemente
un piccolo pezzo di verità sulla vita. Questa è naturalmente anche la verità
della sua realtà di vita della Sardegna,; chi conosce
la Sardegna, sa quanto questa terra sia brusca (scostante), aspra e tuttavia
ospitale. E’ infinitamente dolce ed infinitamente spinosa.
Secci possiede un grande appezzamento di terreno in montagna non lontano da
Cala Gonone. Qui lui ha una casa, aveva due mucche,
maiali e piccoli e grandi campi e moltissimi alberi: albicocchi, mandorli;
tutto ciò che uno potrebbe solo sognare. Ogni mattino lui si reca sul posto,
lavora questi molti ettari di terreno, qui possiede ancora una seconda casa. Come
ho già raccontato, al sua casa si trova in prossimità
del legno da ardere. Di pomeriggio e alla sera Secci
lavora nell’Atelier, è un cambio si scena, difficilmente immaginabile più
esteso. In primo luogo ancora il contadino, il giardiniere,
profondamente legato alla natura, poi nell’Atelier il lavoro con questi
materiali, questo lavoro che richiede tempo, questo lavoro anche monotono di incollare pezzettino dopo
pezzettino, durante il quale rimane il tempo per la mediazione e riflessione.
Un possibile spazio? Secci forse è forse un utopista, egli sa quanto il corso
della giornata, la vita sono o, per lo meno, possono
essere grigi, spigolosi; egli contrappone a ciò uno spazio totalmente in
segreto, che ci si deve costruire, in cui in primo luogo bisogna costruire i
limiti a questo spazio, per poi poter strappare questi limiti. Vi è tuttavia
ancora qualcosa di importante a questo riguardo: il
repentino cambio della realtà della vita in quanto Artista e in quanto Re delle
montagne plasma Secci,. Le forti rotture
nei suoi quadri segnalano ciò. Chi ogni giorno trascorre molte ore nella
solitudine della Natura, di una Natura gigantesca, al di la
di tutti i limiti, cosa che noi non possiamo immaginare possibile a Brema,
impara a pensare diversamente. Il lavoro nelle aiuole, nei campi, con gli
animali, il vedere il cambio di vegetazione, della verdura coltivata, la raccolta
dei frutti, la rigogliosità (l’opulenza) dei Frutti dell’Estate e dell’Autunno
e pi la scarsezza del terreno bruciato dal calore, e quando arriva il freddo,
un ritmo infinito, che con tutte le sue sfumature rimane anche sempre uguale. Guardiamo
da questa prospettiva ancora una volta i quadri: Secci distingue rigorosamente
e con fermezza quasi incredibile tra il suo mondo della Natura e il suo mondo
dell’arte. Ciò viene reso evidente dal fatto che il
verde onnipresente della vegetazione sarda manca del tutto nei suoi quadri. Tuttavia,
l’immensità della Natura appare (viene alla luce)
nelle strutture dei suoi quadri che hanno un effetto quasi ornamentale, sempre
nuovamente le stesse procedure di lavorazione racchiuse in una forma astratta. Si
può facilmente continuare a pensare ciò al di là dei
margini del quadro. La stratificazione: il metodo di lavoro del Collage di
piani vitali formati da migliaia dadi briciole, la profondità delle basi che
sono sovrapposte, possono forse rappresentare un riflesso di un terreno
fertile, di un humus con sempre nuovi, duri, sovrapposti componenti
di una natura che sempre nuovamente di dissolve, pronto a fondersi con l’humus
sottostante che si è già formato. E poi la vegetazione germogliante: nessun
terreno è così duro, da non permettere alla piantina da poco germinata dal seme
di farsi strada, essa spacca il terreno ed improvvisamente viene
alla luce il nuovo. Il terreno viene aperto per
fare in modo che venga alla luce il nuovo. Il terreno viene
aperto per fare un modo che vena alla luce la nuova vita. La
forza della natura, che si crea sempre nuovo spazio, anche quando l’uomo vuole,
con il suo mondo artificiale, sempre e di nuovo ostruire la strada a questa
natura. Secci realizza qui un’arte davvero astratta: niente staccato,
come normalmente si intende questo concetto, no, tutti
i fatti assolutamente naturali, le realtà elementari vengono qui rese in una
forma che non ha più nulla di illustrabile, ma che rende chiara in un modo
netto la costante esistenziale dell’umanità nella chiarezza di una lingua
artistica. Forse potrete cominciare ad intravedere qualcosa con i miei
pensieri. Ma per colludere, ancora una cosa
Molti quadri che appaiono all’inizio lumino e splendidi, rapidamente declinano nella mediocrità, altri quadri crescono: essi sono
inizialmente scostanti e sembra non donino nulla; tuttavia quando ci si pone
davanti all’opera, quando si va a fondo e si scava in profondità, questi quadri
diventano sempre radiosi e splendenti. Per questi quadri io penso questo.
Vi ringrazio per la Vostra pazienza
E. Rothermel.
presentazione Mostra a Brema 2005